Lettera aperta della prof.ssa Alessia Cacciatore

“Il termine -GRAZIE- dovrebbe entrare a far parte della sacralità quotidiana; trasforma la fatica di chi ha lavorato per noi in gioia” (M. Trevisan).  E’ doveroso, dunque, spendere qualche parola per chi, silenziosamente e alacremente, ha lavorato affinché un cambiamento potesse realizzarsi. La realtà scolastica in cui noi docenti ci troviamo a operare,  caratterizzata dalla moda della didattica pretaporter, dalla crescente ingerenza dei genitori (le cui aspettative, a volte, sono a dir poco degne dell’iperuranio platonico) e dalla crescente burocratizzazione del lavoro del docente, presenta oggi confini fin troppo labili, fluidi e malleabili che ne minano ulteriormente l’equilibrio, da tempo precario. Lavorare in una tale agenzia educativa che, nel corso degli ultimi anni ha visto seriamente compromessa la propria identità, non è per nulla facile, soprattutto nella misura in cui troppo spesso vengono diramate direttive tardive e nebulose, scollate dalla caleidoscopica dimensione scolastica nella quale siamo immersi. L’insegnante, dunque, si ritrova a essere una monade, un mero ingranaggio all’interno di quella straordinaria “macchina aziendale” che è diventata la scuola, in cui non c’è quasi più spazio per la dimensione umana. Per fortuna, quello che è accaduto negli ultimi giorni è la prova del fatto che la collaborazione tra scuola e famiglia non è una mera utopia; si può cooperare in maniera proficua per muoversi nella stessa direzione.

Grazie all’infaticabile operato dei genitori, della Dirigente Irene Cinzia Maria Collerone e dell’Ufficio Scolastico Regionale è stato possibile, infatti,   garantire continuità didattica agli studenti della I classe a indirizzo Classico del “R. Settimo” e assicurare loro quella serenità e quella stabilità di cui tutti abbiamo bisogno.  Homo sum, humani nihil a me alienum puto, sono un uomo, niente di ciò che è umano reputo estraneo a me” (Terenzio); l’interesse per la persona, per l’altro ha avuto, per una buona volta, la meglio sulla logica utilitaristica che impera a danno comune.  E’ “bastato”  integrare la pars destruens con una pars costruens fondata su confronto e collaborazione. Per concludere alla maniera di Seneca, potremmo dire che: “la nostra società è molto simile a una volta di pietre che sarebbe destinata a cadere se esse non si sorreggessero a vicenda, proprio per questo è sostenuta…”  Grazie di cuore